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La differenza tra angoscia e paura

2020-10-11 21:00

Giusy Magli

La differenza tra angoscia e paura

Questo nuovo virus che viene da lontano, ignoto ma concreto, avvolto da un alone di mistero ma portatore di sventura, perdita, morte e sofferenza ha c

Questo nuovo virus che viene da lontano, ignoto ma concreto, avvolto da un alone di mistero ma portatore di sventura, perdita, morte e sofferenza ha creato in tutti noi, adulti e bambini sentimenti dolorosi, poco traducibili, che in un primo momento abbiamo definito con il termine noto di “paura” come siamo soliti fare in tutte le situazioni sconosciute.

 

Ma si tratta proprio di questo?

E i bambini/e sono dentro alla stessa preoccupazione o vivono di riflesso sentimenti proiettati dagli adulti?

 

Con il termine paura noi identifichiamo di per sé una risposta ad uno stimolo esterno, un qualcosa di conosciuto che percepiamo come pericoloso per noi stessi e per chi amiamo, tuttavia è qualcosa di tangibile, che abbiamo già introiettato in precedenza come esperienza dannosa e negativa. Il senso del pericolo appunto, ci mette in azione i super poteri! Vista, udito, olfatto, allerta, si attivano e potenziano immediatamente per sfuggire alle conseguenze di un agente esterno che sappiamo già portare sventura.

L’angoscia ,al contrario, produce ansia e apprensione, è uno stato psichico che ci vede come “appesi e sospesi” in una condizione assolutamente indefinita , che ci blocca, che ci paralizza, che ci rende inermi e incapaci di reagire, quindi molto diversa dalla sensazione della paura.Siamo preda di una sensazione di frustrazione e malessere molto lontana dalle scariche di adrenalina prodotte dalla paura e dalla reazione ad un pericolo conosciuto. Proprio perché causata da fonti sconosciute o non immediatamente traducibili e/o visibili, produce semmai l’effetto contrario, quello di inibire la possibilità di processare cos’è che ci sta attaccando e quindi la possibilità di reagire in maniera pronta ed efficace. Ecco che questa pandemia quindi ha molto più a che vedere con l’angoscia che con la paura come noi la conosciamo e alla quale siamo abituati a reagire.

 

Cosa succede ai più piccoli? i bambini/e traducono le emozioni della vita dagli adulti di riferimento, siamo noi, figure educanti il loro specchio della realtà, quindi quando ci vedono smarriti, sofferenti, disorientati, senza soluzioni ne escono sconcertati, disorientati, e indifesi, perché se l’adulto, che è quello che sa cosa va bene per loro non ha punti di riferimento e azione di contenitore delle angosce, allora anche il bambino/a tradurrà un presente persecutorio e senza vie di uscita.

Si è notato un aumento dei movimenti regressivi in ambito infantile, enuresi, linguaggio, attaccamento/separazione hanno avuto un improvviso blocco evolutivo, o un riaccutizzaesi dei segnali , questo ha portato un campanello di allarme a chi si occupa di infanzia e sviluppo. Di sicuro va fatta molta attenzione ai segnali che i bambini/e ci inviano, tuttavia più che di patologia, laddove dovesse esserci questo sospetto è bene rivolgersi in maniera tempestiva ad un medico, potremmo pensare a una forma di comunicazione del disagio.

In un momento di forte incertezza, dove anche le mie figure di riferimento non riescono a trasmettermi la sensazione di rassicurazione e soluzione, anzi, dove spesso mi traducono che la soluzione è la distanza, allora mi attivo con movimenti regressivi, cioè io bambino/a mi organizzo per auto-rassicurami, blocco le azioni di sviluppo evolutivo e torno a momenti e atteggiamenti richiestivi in cui trovavo certezze e risposte. Ecco che a questo punto gli atteggiamenti regressivi possono rappresentare una fase transitoria di comunicazione non verbale a un periodo di incertezza globale. Ma come sappiamo, e abbiamo già detto, è l’adulto di riferimento la traduzione della realtà del proprio bambino/a, quindi di conseguenza, davanti a un atteggiamento pervaso dall’angoscia la traduzione sarà un meccanismo regressivo come fuga rassicurante di un ambiente percepito come incerto e ansiogeno.

 

L’altro punto di riflessione importante è come questo virus ha fatto saltare tutti i meccanismi di rassicurazione profonda che avevamo interiorizzato a livello atavico e culturale per far fronte alle situazioni di pericolo e malattia. Vicinanza, abbraccio, famiglia, gruppo, contatto erano le fondamenta emotive che accompagnavano le azioni di cura medicali e il decorso clinico.

All’improvviso tutti i nostri schemi di riferimento interno si sono ribaltati e tutte le nostre matrici di rassicurazione profonda sono addirittura divenute pericolose, persecutorie e inattuabili. Ci siamo trovati di fronte a un pericolo sconosciuto, senza cause certe, che è andato a minare tutti i meccanismi conosciuti per far fronte alle emergenze e ne ha addirittura fatto le sue armi più potenti. Indifesi, soli e isolati ci siamo trovati in una realtà modificata senza risposte certe per poterci riorganizzare. Questo ha portato tutti noi nella situazione di angoscia più profonda, senza esperienze precedenti a cui far riferimento, senza strumenti conosciuti per poter agire, un sentimento ansiogeno per un nemico non traducibile, irriconoscibile e che ha fatto deragliare tutti i nostri movimenti operativi interni per reagire alle situazioni di malattia. Negli articoli successivi ho cercato di fornire spunti pratici per fronteggiare questa sensazione di impotenza che ci ha visti tutti protagonisti, quindi tradurre in gioco alcuni temi che possono essere di supporto a questo fenomeno che tutti ci coinvolge, così da attivare, attraverso un universo simbolico condiviso, quei meccanismi di riparazione indispensabili per trasformare l’angoscia in paura, cioè l’indefinito in concreto, così da poterlo affrontare, elaborare e superare.